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Alberto Dalla Libera e Micaela Faggiani fanno il punto insieme al Presidente del Teatro Stabile del Veneto

Un nuovo incontro dello Studio Dalla Libera & Partners di Padova, stavolta con il dottor Giampiero Beltotto, Presidente del Teatro Stabile del Veneto, per discorrere del mondo del teatro e dello spettacolo, delle sue caratteristiche, dinamiche e prospettive future.

A mediare l’incontro, volto a indagare il mondo della cultura e del teatro dopo un anno indubbiamente difficile, Micaela Faggiani, giornalista di La7 e direttrice di Fuori La Voce.

Senza poter dare nulla per scontato, questo autunno in Veneto, è dedicato alla ripresa.
Beltotto specifica che il teatro è, a tutti gli effetti, un luogo sicuro. Mascherina obbligatoria, controllo della temperatura e del Green Pass, regole ferree per la presenza sul palco: queste le misure di sicurezza attuali volte a tutelare il pubblico e i lavoratori.

“Il Teatro La Fenice di Venezia riscontra una buona richiesta di biglietti, le mostre riprendono, i concerti stanno cominciando ad andare bene. E il Teatro Stabile sta ripartendo.” Questo lo scenario evidenziato dal nostro ospite. Insomma, un orizzonte sgombro dai nuvoloni che ci hanno accompagnato fino ad oggi. È realmente così?

Il teatro, maestranze ed operatori, hanno ricevuto diversi aiuti e risorse per tenere in piedi un sistema già fragile. Ma al di là delle risorse pubbliche, scarse e condizionate da tanti fattori, possono attori privati fare qualcosa in termini di investimenti e di sostegno all’industria culturale?
Per esempio, l’ingresso di Assindustria e quindi di soci non pubblici potrebbe portare un po’ di ossigeno al teatro veneto?

“Sì, – ci ha spiegato Beltotto – e va ricordato che il Teatro Stabile del Veneto si è speso nel tentativo di essere attrattivo approcciando soggetti istituzionali tra cui le camere di commercio e gli industriali di Padova e di Treviso. Ciò vuol dire che il territorio è disposto a riconoscerci. Ed è da questo riconoscimento che potremo perseguire un modello di coinvolgimento dei privati.”

Cosa rappresenta oggi la cultura?

Il presidente del Teatro Stabile del Veneto è abbastanza chiaro. Fino ad oggi il mondo della cultura è stato discretamente assistito. È necessario però trovare il modo per non farsi trovare impreparati di fronte ad un mutamento che appare inevitabile. “È necessario che il bruco sappia diventare farfalla”. Un’immagine allegorica che ci spinge anche ad interrogarci su che cosa sia oggi il teatro, e su che cosa significhi “cultura” nel nostro attuale sistema sociale.

“Prima – ci ricorda Giampiero Beltotto – i luoghi della cultura erano luoghi in cui venivano formate le coscienze. Oggi non è più così. La gente oggi non va più al teatro per riconoscersi in un mondo ideologico. Ad oggi la gente va a teatro per divertirsi. Il divertimento, la riflessione, sono la nostra responsabilità, il nostro servizio.”

Il dibattito dunque diventa il seguente: come mettere coloro che forniscono questo servizio nelle condizioni di poterlo fare con una certa dignità?

Se il socio pubblico, insomma, accetta questa definizione deve anche fornire gli strumenti per proporre il servizio oppure deve occuparsi necessariamente di mettere gli attori coinvolti nelle condizioni, anche con provvedimenti fiscali, di far entrare strutturalmente i privati nel meccanismo.

“La Regione deve diventare il luogo all’interno del quale deve svilupparsi la macchina dei servizi dello spettacolo.” Ha spiegato Beltotto.

Ma che cosa comporta per un imprenditore investire nella cultura e nel teatro? Che cosa gli “viene in tasca”?

Prima di tutto, è necessario per noi fare luce sul provvedimento Art Bonus, un credito di imposta pari al 65%, dedicato a chi effettua erogazioni volte a sostenere il patrimonio culturale pubblico italiano.

Ma per Beltotto non è questo il cuore del tema.
“Ciascuno determina il proprio vantaggio “immateriale”, ma offrire del denaro alla cultura significa costruire una partnership duratura nel tempo.”

La cultura, in fondo, secondo Alberto Dalla Libera, protagonista insieme a Beltotto di questa intensa chiacchierata sul teatro, può essere il primo approccio al mondo degli imprenditori che risultano più disponibili ad ascoltare o investire in questo settore se si trovano davanti un messaggio di qualità.

Il teatro online

Dopo oltre un anno di spettacoli a singhiozzo, in ballo c’è anche il futuro dello streaming.
Come sappiamo, il lockdown ha portato il teatro ad essere trasmesso anche online. Ha insomma trasportato in qualche modo il palcoscenico su dispositivi digitali: computer, cellulare, tv. Resta da capire quale sarà il futuro di questa diversa dimensione.. .

L’online è un mondo che molte realtà si sono trovate a dover affrontare durante la pandemia iniziata nel 2020.
Ma, anticipando che la differenza tra lo streaming ed il teatro in presenza è la socializzazione e la condivisione, il teatro in streaming può avere un futuro una volta finita la pandemia?

E cioè, se lo streaming ha il dono di generare curiosità, potrà mai sostituire il teatro in presenza?

Beltotto sorprende con le sue risposte abbandonando l’alone di retorica che tante volte accompagna le discussioni sulla cultura.

“Sì, può sostituirlo, perché per la generazione dei nativi digitali la fruizione è indifferente. Io stesso durante il lockdown ho rivisto alcuni sceneggiati della Rai degli anni ’60. Non erano il teatro ma un formato di produzione adatto alla televisione, un rifacimento su una nuova piattaforma del tempo.
Lo streaming funzionerà se investiremo in strutture produttive che sappiano decodificare un vecchio testo pirandelliano adattandolo ai nuovi strumenti.
Il teatro, tuttavia, non verrà mai del tutto sostituito dallo streaming, bisogna solo sapersi adattare ed innovare, seguendo il progresso. Il lato buono del progresso? Che ci offre la scelta.”

In fondo, alla domanda su che cosa manchi oggi al teatro, Beltotto è stato categorico.

Mancano le idee e ancora le idee.
Se un progetto è realmente buono, sarà finanziato.
La questione forse non è sul quanto, ma sul chi.
Ci saranno forse in ballo troppi soggetti sulla scena culturale?
E in questo caso, come fare a stabilire chi è dentro e chi è fuori?

Selezionare chi è meritevole oggi spetta alla mano pubblica, che per il momento gestisce la gran parte delle risorse. Questa la strada da seguire per Beltotto.

“In un mondo che cambia non dobbiamo avere paura del cambiamento. Dobbiamo immaginare il mondo che vogliamo in modo coerente con quello che siamo in grado di produrre: cosa ci piace mettere in scena e comunicare?”

Questa domanda apre scenari sorprendenti e complessi. Per i quali sarà necessario un altro appuntamento.

Intanto, potete riguardare l’intera intervista qui.